Sicilia tra le principali regioni italiane per produzione olio d’oliva

PALERMO (ITALPRESS) – La produzione di olio d’oliva rappresenta un’eccellenza del Made in Italy. In un mercato internazionale dominato dai paesi affacciati sul Mediterraneo, l’Italia è il secondo produttore ed esportatore mondiale, molto distante dalla Spagna, leader mondiale, e insidiata dalla crescente concorrenza turca. La raccolta di olive da olio nel corso del 2024 ha superato i 2,6 milioni di tonnellate, la produzione di olio le 390 mila tonnellate. L’export di olio d’oliva si avvicinerà alle 300 mila tonnellate e ai 3 miliardi di euro. In questo contesto, la Sicilia rappresenta una delle principali regioni italiane, con oltre 280 mila tonnellate di olive da olio raccolte e una produzione di olio superiore alle 34 mila tonnellate (rispettivamente l’11,4% e l’8,8% del dato nazionale, terza dietro a Puglia e Calabria), con un potenziale per gli oltre 150 mila ettari destinati a questa coltivazione (il 14% dei terreni nazionali) che sembra ancora non completamente espresso. Sono alcuni dei dati contenuti nello studio di Prometeia sulla filiera siciliana dell’olio, presentato a Palermo nel forum organizzato da UniCredit e Confagricoltura Sicilia. I lavori sono stati aperti dagli interventi di Salvatore Malandrino, Regional Manager Sicilia di UniCredit, Rosario Marchese Ragona, Presidente Confagricoltura Sicilia, e Fulvio Bellomo, Dirigente Generale Dipartimento dell’Agricoltura della Regione Siciliana. Successivamente Andrea Dossena, Senior Specialist di Prometeia, ha presentato lo studio sulla filiera siciliana dell’olio e a seguire si è svolta una tavola rotonda incentrata sulle best practice in Sicilia e Puglia con gli interventi di Manfredi Barbera, Amministratore Delegato Manfredi Barbera &Figli, e Michele Clemente, Amministratore unico Olearia Clemente, e sulla produzione siciliana tra diversificazione, innovazione e sostenibilità con le testimonianze di Alessio Planeta, Amministratore Delegato Planeta, Eugenia Gino, Titolare Olio Carbonia, e Nicola Di Genova, Amministratore Baglio Ingardia. I lavori sono stati moderati da Alessandro Tosi, Referente Agribusiness Corporate Italia di UniCredit.
“UniCredit, principale banca del territorio – dichiara Salvatore Malandrino, Regional Manager Sicilia di UniCredit – è fortemente impegnata nel supportare l’intera filiera dell’olio in Sicilia, che si trova a fronteggiare importanti sfide in termini di crescita dimensionale e di competitività sui mercati nazionali e internazionali. La Banca sostiene le imprese del comparto con un modello di servizio che prevede la presenza di gestori e specialisti Agribusiness dislocati in tutta la regione e con un’offerta di prodotti e servizi su misura per le loro specifiche esigenze. In Sicilia, inoltre, abbiamo già firmato 4 accordi di filiera dedicati al mondo dell’olio al fine di facilitare l’accesso al credito delle imprese associate”.
‘Dai dati dello studio di Prometeia – commenta Rosario Marchese Ragona, Presidente Confagricoltura Sicilia – emerge una fotografia nitida della situazione della produzione olearia in Sicilia, caratterizzata storicamente da una straordinaria capacità di produrre olio di eccellenza, minacciata e limitata, però, da una parte dalla siccità e dalle condizioni climatiche avverse, dall’altra dalla concorrenza di altri Paesi del Mediterraneo. La Sicilia continua ad essere la terza regione italiana per produzione di olio d’oliva, ma bisogna lavorare per sviluppare il potenziale ancora inespresso e gestire al meglio i rischi. Lo stiamo già facendo, anche grazie agli accordi con UniCredit che permettono un agevole e celere accesso al credito, sostenendo su più fronti le aziende agricole siciliane olivicole impegnate nella valorizzazione della nostra eccellenza nel mondo e nella gestione delle sfide imposte dal mercato internazionale e dal cambiamento climatico”.
Secondo lo studio di Prometeia, dimensione, specializzazione e certificazione sono le tre leve su cui agire per consentire alla regione di sfruttare il periodo particolarmente favorevole per l’olio d’oliva, grazie alle crescenti preferenze dei consumatori per questo tipo di alimento e al costante traino sui mercati internazionali della dieta mediterranea, che ha proprio nell’olio uno dei suoi prodotti più rappresentativi. Momento particolarmente favorevole anche per i prezzi, sia sul mercato domestico (+90% il prezzo medio al consumo tra 2020 e 2024), sia su quelli internazionali (+160% il prezzo medio industriale all’export, nello stesso periodo); aumenti di prezzo che però non sono solo legati alla crescente domanda e all’innalzamento qualitativo del prodotto (extravergine, biologico, IG), ma riflettono anche gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, con sempre più frequenti fenomeni estremi che compromettono parte dei raccolti.
Internazionalizzazione e reazione ai cambiamenti climatici chiamano in causa le stesse leve appena citate, evidenzia lo studio di Prometeia. La ridotta dimensione affligge buona parte del comparto agrifood siciliano, e l’olivicoltura non sfugge alla regola. Le 97 mila aziende con ulivi hanno una dimensione media di 1,3 ettari, inferiore al dato medio nazionale (1,6 ha, -17%) e molto inferiore a due regioni benchmark (Puglia e Toscana, oltre -35%). Gap che si riduce solo in parte nei territori ad alta vocazione olivicola, con superfici medie che salgono a 1,8 ha, ma sempre inferiori alle altre regioni e al dato italiano.
Il dato riflette una minor specializzazione della regione nell’olivicoltura, con una quota di aziende classificate con orientamento tecnico-economico olivicolo che è solamente il 32% del totale aziende con ulivi (il 45% in Italia, addirittura il 64% in Puglia). Anche tra queste, poi, quelle di dimensioni rilevanti (sopra i 100 mila euro di reddito), sono solamente lo 0,3% (nei territori vocati però la percentuale raddoppia, superando quella delle altre regioni nella medesima tipologia di comuni). Valori sempre inferiori ai benchmark ma molto più elevati emergono invece per le aziende con superfici biologiche, in cui la SAU media sale a 3,4 ha nella media regionale e arriva a 5,4 ha nei comuni ad alta vocazione (rispettivamente 4,4 e 6,7 ha il dato nazionale).
Non è solamente il comparto agricolo a soffrire della ridotta dimensione aziendale: nell’industria della trasformazione, le oltre 430 imprese siciliane attive nella lavorazione degli oli vegetali (perimetro più ampio dei soli frantoi, raffinerie e imbottigliatori di olio d’oliva, ma in cui quest’ultimo è la componente di gran lunga maggioritaria) evidenziano una dimensione media inferiore al milione di euro (2,2 in Puglia, 10,3 in Toscana), con nessuna azienda con fatturato sopra i 50 milioni di euro (sono 5 in Toscana e 3 in Puglia).
La ridotta dimensione e la bassa specializzazione determinano difficoltà economico-finanziarie e gestionali che possono compromettere il futuro del comparto. La natura prevalentemente familiare delle aziende rende molto pressante il tema del ricambio generazionale in agricoltura, con il 58% dei conduttori che ha superato i 60 anni e solamente il 2,2% che ne ha meno di 30. Questo elemento si lega anche a quello delle competenze specifiche e della formazione: tra gli over 60, quelli in possesso di un titolo di studio agrario (dalla qualifica professionale alla laurea) sono solo il 4,5%, mentre la percentuale sale sopra al 20% negli under 30 (con piccole differenze, queste percentuali caratterizzano tutto il comparto agricolo italiano, non solo quello siciliano).
La taglia ridotta, secondo lo studio di Prometeia, non ha solo implicazioni su assetti proprietari e aspetti organizzativi, ma impatta sulle risorse finanziarie necessarie ad affrontare gli investimenti. In regione, solamente l’11% delle aziende agricole ne ha effettuati, contro una media nazionale quasi doppia. Investimenti che si concentrano, similmente al resto d’Italia, nelle attività più tradizionali (agronomia, meccanizzazione, edifici), tralasciando quelli gestionali (amministrazione, finanza, marketing) e quelli in attività connesse. Il ruolo di queste ultime appare fondamentale, alla luce dei cambiamenti climatici e dei rischi atmosferici, per diversificare le fonti di reddito e ridurre la dipendenza da fornitori, in particolare quelli di energia, e clienti, in particolare la grande distribuzione. Attività agrituristiche, lavorazione e vendita diretta delle produzioni agricole, impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili sono importanti strumenti per assicurare maggior sostenibilità economica, oltre che ambientale, e garantire migliori opportunità di crescita e profittabilità alle aziende agricole (per citare un numero, nei comuni ad alta vocazione olivicola, le aziende agricole toscane con attività connesse hanno investito in attività agrituristiche nel 57% dei casi, contro il 25% della Sicilia).
Infine, quasi tautologico il legame tra dimensione ed export, soprattutto per una mappa delle destinazioni commerciali italiane di olio extravergine d’oliva che vede saldamente al primo posto gli Stati Uniti e quote importanti (circa un quarto del totale) anche in altri mercati ad alto reddito extra-europei (Canada e Giappone in primis). Uno scenario in cui l’Italia compete principalmente sulla qualità: quella assicurata da una gamma di offerta sulle fasce alte e al tempo stesso riconosciuta a livello internazionale da adeguate certificazioni.
Il difficile contesto geopolitico mondiale, con i rischi di una guerra commerciale su scala globale, potrebbe avere effetti più negativi sull’export siciliano: le vendite negli USA nel 2024 sono state la metà dell’export dell’isola (il 41% per la Toscana, il 13% per la Puglia), mentre gli altri (pochi) mercati sono per lo più europei (le principali destinazioni extra-europee pesano per meno del 7% sull’export siciliano, il 12% per la Toscana e il 15% per la Puglia). Ancora una volta, la dimensione delle imprese (la forza complessiva dell’offerta regionale) diventa una variabile fondamentale sia per valorizzare il prodotto e rendere meno impattante l’adozione di dazi statunitensi, sia per cercare contemporaneamente di diversificare le geografie commerciali su distanze più elevate delle attuali, sottolinea lo studio di Prometeia.
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(ITALPRESS).