Manolo Blahnik a palazzo
L’artista spagnolo delle calzature si sente uomo del ‘700, epoca che predilige da sempre. Non a caso Sofia Coppola gli ha chiesto di disegnare la collezione di scarpe per il film “Marie Antoniette”.
Ed è il settecentesco Palazzo Morando, situato nel cuore pulsante della città della moda, ad ospitare la retrospettiva delle sue opere nate in 46 anni di attività, dal 1971 ad oggi. La collezione storica composta da 212 paia di scarpe selezionate e da 80 suoi schizzi si stempera nel labirinto affascinante degli appartamenti nobiliari che fanno da sfondo, in un processo di reciproca valorizzazione. Giulia Beccaria Manzoni, Maria Teresa d’Austria, piuttosto che Parini, Appiani o Vincenzo Monti, ritratti alle pareti di splendide sale, sono alcuni dei personaggi che paiono testimonials dell’evento.
La storia è il più bel romanzo, se ben raccontato, poiché passato, presente e futuro possono spiegarsi a vicenda. “L’allestimento della mostra all’interno del museo diventa uno strumento di confronto con il passato, afferma Claudio A.M.Salsi, Direttore Area Soprintendenza Castello e Musei Storici, ma è anche una preziosa opportunità per contribuire al dialogo tra arte antica e arte creata dall’industria”.
Non è un caso che Chiara Buss, storica del costume e del tessuto e curatrice della raccolta di calzature antiche di Palazzo Morando, abbia scelto quindici reperti storici appartenenti alla raccolta civica e li abbia inseriti tra i modelli che, creati da Manolo Blahnik, sono entrati nella storia del Costume dell’intero pianeta. Un perfetto equilibrio di volumi e forme in stimolante contesto di sintonia e contrasto.
Come afferma Cristina Carrillo de Albornoz , curatrice della mostra e del catalogo, “Uomo di eccezionale curiosità, con interessi che spaziano ben oltre la moda, fin dal principio Blahnik ebbe ben chiara la visione delle scarpe che intendeva realizzare e dell’effetto che avrebbero dovuto avere ai piedi delle donne. Per lui una scarpa doveva incarnare il massimo della femminilità e un’eleganza senza tempo. Doveva essere pura, semplice, sottile e leggera…”
Una scarpa agli antipodi di quella con zeppa ora in voga, che detesta e che considera estremamente volgare soprattutto se indossata con fuseaux.
Squisitamente attento al dettaglio e al virtuosismo tecnico, trae i suoi motivi d’ispirazione da arte, cinema, natura, botanica, cultura e letteratura e, considerando l’Italia sua Patria Spirituale, fin dagli esordi ha voluto con sé la mano d’opera rigorosamente italiana di stabilimenti a conduzione famigliare come le aziende depositarie di vocazione artigianale di Parabiago e di Vigevano. Sapienza artigianale preziosa per chi come lui ha inventato un linguaggio, pensando a una visione, una visione onirica che fa delle sue scarpe veri capolavori, oggetti d’arte con personalità sempre diverse.
Sei sono le sezioni in cui si articola il percorso museale. La prima “Core” è dedicata a scarpe ispirate a personaggi storici o contemporanei, nella seconda “Materiali” l’attenzione è volta al dettaglio elaborato e alla ricchezza del colore, la terza è all’insegna dell’arte e dell’architettura, nella quarta intitolata “Gala” sono raccolte le scarpe più ironiche e fantasiose, nella quinta il motivo ispiratore è la natura e nella sesta ed ultima sono le culture delle varie nazioni del mondo a creare il leit-motif.
Si dice che la rivoluzione artistica ed estetica di Manolo Blahnik nasca dal suo bilanciare vuoti e pieni, dal suo senso delle proporzioni, capaci di creare un ritmo segreto, comune a tutto ciò che rende felici. Arte o Arte Applicata la sua, poco importa. Si tratta di un vero e proprio scultore che appartiene alla categoria dei sognatori per i quali tutto è possibile.
Ebbene, anche i visitatori che varcano la porta di questa mostra, diventano sognatori.
Testo e foto di Maria Luisa Bonivento
“Manolo Blahnik. The art of shoes”
Palazzo Morando, Via Sant’Andrea 6
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