Intervista a Vesna Pavan: L’artista Filantropa
Un’artista poliedrica dai molteplici interessi. Una donna impegnata nel sociale, che in collaborazione con il Rotary Club Certosa di Pavia raccoglie fondi per assistere le vittime di violenza da acido, attraverso una collezione appositamente creata per questo obiettivo.
Nata nel 1976 a Spilimbergo (PN), ma da anni trapiantata a Milano.
Vesna Pavan, un talento made in Italy, che ci racconta la sua vita e il suo percorso artistico (vesnapavan.com, skinart.info ).
Il tuo esordio è stato nel 1992, in giovanissima età, da allora oltre vent’anni di lavoro e di esposizioni. Quando è nata la passione per l’arte?
Artisti si nasce. I miei genitori sono entrambi pittori, poeti e filosofi a modo loro. Io sono cresciuta a polenta e matite. La mia vita è stata a volte molto dura ed essere indipendente era una priorità. Il disegno è stato per me un’espressione di fede e di speranza. Ho sempre raffigurato figure femminili, dai primi dipinti ad olio a oggi.
Qual è stato il tuo percorso formativo?
Il mio percorso è stato un insieme di pulsioni verso la conoscenza. Ho fatto diversi lavori: dalla cameriera alla fotomodella, dalla recitazione alla fotografia. Ogni lavoro è sacro. Ho intrapreso studi artistici, filosofici, psicologici… Il lavoro di un’artista è una continua ricerca e non termina quando si realizza un’opera. La mente non va mai in vacanza.
Con ciclo SKIN hai introdotto una tecnica artistica incredibilmente innovativa, quella di liberare il colore dal suo tradizionale supporto, la tela, per renderlo protagonista assoluto dell’opera. Come è nata questa sperimentazione?
Ho voluto creare un ciclo che mi desse l’opportunità di poter godere del colore anche attraverso altri sensi oltre alla vista. In questi lavori il soggetto metaforico è la pelle. Essa rappresenta sia l’involucro estetico che il contenuto animato. Questa tecnica è stata paragonata dai critici alle sperimentazioni tecniche pittoriche delle avanguardie degli anni Cinquanta: Burri, Pollock ecc…
Parlaci ora del tuo ultimo ciclo, MIR. I tuoi quadri raccontano la storia di un totalitarismo di inizio ‘900. La tua produzione vuole dare un messaggio politico o ideologico?
Questo ciclo vuole reinterpretare i manifesti della storia del secolo scorso.
La visione è quella di contrapporre il passato al moderno in un excursus tra storia e futuro, dove il pensiero riemerge nella democrazia e nella libertà espressiva individuale.
Ogni manifesto viene elaborato nel rispetto del suo stile e tipologia.
Questo ciclo non ha un colore politico, vuole solo far riflettere su quanto abbiamo oggi, grazie al sacrificio delle persone che credevano in un domani migliore.
In tutta la tua carriera hai realizzato moltissime mostre in diversi luoghi (Parigi, Mosca Barcellona, Venezia, ecc…); qual è stata la più emozionante?
La biennale di Palermo, a gennaio di quest’anno. Ho avuto modo d’ incontrare e conoscere un gruppo di bambini affetti da disabilità mentale. Hanno iniziato spontaneamente a comunicare ed interagire con le opere del ciclo SKIN. E’ stato magico ed emozionante vedere il loro entusiasmo. Il colore abbatte tutte le barriere.
Le tue opere sono state oggetto di diverse iniziative di beneficenza; in che modo secondo te l’arte può aiutare a risolvere i problemi sociali?
L’arte ha il potere di coinvolgere lo spettatore, in quanto parla direttamente al cuore senza gli inganni della mente. Questo porta a vivere un’esperienza pura, attivando nell’osservatore un dialogo interiore, rendendolo quindi portatore del messaggio in essa contenuto e compartecipe dello stato emotivo che si vuole mettere in luce.
Nella tua vita però non ti sei occupata solo d’arte?
Vero, ho molti interessi che servono e sono serviti a formare la donna che sono oggi, ma anche a comprendere, ascoltare e amare l’unicità del mio prossimo. Ho svolto un percorso formativo nell’ambito della psicologia della Gestalt e ho continuato con gli studi di medicina alternativa (Psicosomatica, Rebirthing, Cromoterapia, Musicoterapia, Teatro).
Per un’artista conoscere profondamente la realtà umana e la vita che ci circonda è fondamentale. L’ Arte riconosce la sacralità della vita e agisce direttamente per proteggerla.
Sappiamo che sei anche un’ottima cuoca e che stai scrivendo un libro di cucina. Quali sono i piatti che preferisci cucinare?
Per me cucinare è come dipingere. Da un lato nutro il corpo, dall’altro lo spirito. Grazie ai fornelli si può assaporare il mondo. Amo cucinare tutto quello che è rispettoso per la salute del corpo. Per questo sto scrivendo un libro con le mie ricette, dove si troveranno anche soluzioni alternative all’esasperato uso di grassi, zuccheri, ecc… senza rinunciare alle gustosissime creme sia salate che dolci, ai budini, alle torte, al pane e perfino alle patatine, ritrovando allo stesso tempo i sapori e gli equilibri della cucina casalinga di una volta!
Che cosa consigli a chi decide di intraprendere la professione di artista?
Per questo non c’è una ricetta miracolosa, il mio consiglio ai giovani è quello di studiare e di affrontare con professionalità il proprio percorso di crescita. Occorre ragionare come se si gestisse un’azienda: credere, investire, risparmiare il più possibile, aggiornarsi sul mercato e, non ultimo, rinnovarsi sia interiormente sia nel mezzo espressivo. Un artista oggi si confronta a livello globale. L’importante però è rimanere fedeli a se stessi.